Politica nazionale

L’intesa (con distinguo) nella maggioranza sulla riforma del Csm

Italia viva e Lega prendono le distanze da quanto convenuto tra Pd, M5s, Forza Italia, Azione e Leu

© Pierpaolo Scavuzzo/AGF – La sede del Csm

Un'”intesa ampia” che ora andrà tradotta nero su bianco in una riformulazione degli emendamenti del governo. Testi attesi entro lunedì, così da consentire alla commissione Giustizia di far ripartire l’iter del provvedimento. Sembra dunque sbloccarsi l’impasse sulla riforma del Csm, con l’accordo raggiunto tra la maggioranza e la Guardasigilli Cartabia. Anche se restano i distinguo di Italia viva e Lega, che prendono le distanze da quanto convenuto tra Pd, M5s, Forza Italia, Azione e Leu.

I renziani ribadiscono che non ritireranno gli emendamenti ‘divisivi’, sui quali il governo non dà parere favorevole. “Vogliamo discutere le nostre posizioni prima in commissione e poi in Aula”, mette in chiaro Catello Vitiello, che ‘depotenzia’ la portata dell’intesa: “Si tratta di un accordo di massima, ma non definitivo”. Il che tradotto significa che Italia viva, di fatto, mantiene le mani libere.

Posizione che potrebbe creare problemi alla maggioranza e, soprattutto, al governo, in occasione del passaggio della riforma al Senato, dove gli equilibri numerici sono più precari. Anche la Lega ha posto dei paletti, avvertendo la ministra Cartabia che voterà (prima in commissione e poi in Aula) gli emendamenti relativi agli stessi temi oggetto dei quesiti referendari sulla giustizia. E questo anche nonostante le altre forze di maggioranza e la ministra abbiano trovato un punto di equilibrio differente rispetto a quanto previsto, ad esempio, sulla separazione delle funzioni.

Due prese di posizione che fanno infuriare il Pd: “Siamo a un passo dal completamento del percorso per arrivare all’approvazione di un’importante riforma del Csm. È stata raggiunta un’intesa, ma un grande nodo politico resta ancora aperto: due forze politiche di maggioranza, Italia viva e Lega, ancora non ritirano gli emendamenti sui quali c’è parere contrario del governo e resta ambiguità su come voteranno in commissione. Questo non è accettabile”, tuona la responsabile giustizia dei dem, Anna Rossomando.

Dal Pd spiegano che l’atteggiamento di renziani e leghisti non è giustificabile e che deve essere chiaro che l’accordo, faticosamente raggiunto, così rischia di “andare in frantumi”. Insomma, anche se una parte della maggioranza canta vittoria (ad esempio Forza Italia parla di raggiungimento di “obiettivi storici”), l’intesa non appare al momento affatto blindata, tutt’altro, e potrebbe saltare al primo voto sugli emendamenti in commissione. Rischio su cui mette in guardia anche Leu: “L’accordo raggiunto è il punto di equilibrio più avanzato. Nessuno si può assumere il rischio di farlo saltare. Sarebbe da irresponsabili”, scandisce Federico Conte.

Soddisfatto il sottosegretario Paolo Sisto, che giudica “ampio” l’accordo sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, lodando il “maturo atteggiamento tenuto dai gruppi, sotto la regia della ministra Cartabia. Ora avanti con i lavori della commissione Giustizia per poter rispettare i tempi previsti”. Rivendica il ruolo “decisivo” svolto da Azione Enrico Costa, che elenca: “Valutazioni puntuali delle attività dei magistrati con il fascicolo di performance, rigoroso rispetto della presunzione d’innocenza, sospensione dalle funzioni per il pm che chiede arresti omettendo di allegare elementi rilevanti per la decisione, stop alle porte girevoli, giro di vite sui fuori ruolo, un solo passaggio di funzioni in carriera”.

Canta vittoria anche Forza Italia: “Passano due nostri obiettivi storici, ultra ventennali. Porte girevoli bloccate per i magistrati che fanno politica: non torneranno più a svolgere ruoli nella giurisdizione. Passa anche la separazione delle funzioni. Sarà consentito un solo passaggio dalla magistratura requirente a quella giudicante, e viceversa, e solo nei primi anni della carriera. Fino ad oggi era possibile effettuarne quattro. Siamo orgogliosi dei traguardi conseguiti”.

Anche i 5 stelle valutano positivamente la quadra raggiunta: “Registriamo con soddisfazione l’accordo sulle cosiddette ‘porte girevoli’ tra politica e magistratura: chi deciderà di fare politica non potrà più indossare la toga. Esattamente come avevamo previsto già nel progetto di riforma Bonafede”, commenta Valentina D’Orso, vicepresidente del gruppo M5s a Montecitorio.

Quanto ai punti dell’intesa, con cui maggioranza (o almeno una parte di essa) e governo hanno sciolto i nodi che bloccavano la riforma, per quel che riguarda il sistema elettorale del Csm si prevede il sorteggio, ma non delle Regioni.

Nello specifico, il sorteggio riguarderà i distretti di Corte d’Appello che appunto formeranno i singoli collegi (in tutto 4 per i magistrati giudicanti e 2 per i pm). Ciascun collegio sarà composto da quindi da diversi distretti di Corte d’Appello che saranno appunto sorteggiati (ad esempio, il distretto di Brescia a seguito del sorteggio potrebbe essere ‘abbinato’ con quello di Palermo).

Resta da sciogliere un problema tecnico: alcuni distretti sono molto grandi, ad esempio quelli di Roma e Milano, per cui bisognerà mettere in pratica un meccanismo con cui accorpare i distretti più grandi con quelli più piccoli, per garantire un certo equilibrio. Resta la quota proprozionale.

Quanto alla separazione delle funzioni, sarà possibile un solo passaggio: nel penale, dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa sarà consentito il passaggio entro i primi 10 anni dalla prima assegnazione (i 18 mesi di tirocinio sono esclusi dal computo), nessun limite temporale nel civile. Infine, quanto alle cosiddette porte girevoli, i magistrati che decideranno di ‘scendere’ in politica non potranno più tornare ad indossare la toga. Nel merito, si stabilisce l’impossibilita’ di rientrare nelle funzioni dopo aver svolto incarichi elettivi o di governo.

I componenti del governo (ad esempio ministri e sottosegretari) vengono quindi assimilati agli eletti (ma le nuove regole non si applicherebbero se rimangono in carica meno di un anno). I magistrati che invece assumono incarichi apicali (come i capi di gabinetto), dovrebbero restare ‘congelati’ per un anno, tempo durante il quale non potranno assumere funzioni giurisdizionali, mentre per tre anni non potranno assumere ruoli direttivi o seimidirettivi. agi

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