Interviste & Opinioni

L’aiuto dei poveri non è di sinistra: la vita di Papa Francesco per una Chiesa dell’ascolto

Markus Krienke

Nella sua autobiografia «Life»*, pubblicata oggi, Papa Francesco invita ad «ascoltarlo»: invita tutti coloro si incuriosiscono per la storia personale di Bergoglio dentro la grande storia dell’umanità: e nell’ascoltare prima di giudicare si potrebbe infatti individuare il tratto più caratteristico del suo papato e il metodo con il quale sta realizzando la sua riforma della Chiesa. Chi non si ricorda di una delle sue prime affermazioni da Papa: «Chi sono io per giudicare un gay?», e tra i temi finali del libro «Life» vi è proprio la sua visione che la Chiesa debba accogliere specialmente le periferie della società, e in modo particolare le persone della comunità LGBTQ+.

Chi a questo punto teme che il principale obiettivo di Francesco sia “cambiare la dottrina” non ha compreso che la “dottrina” per lui non costituisce affatto motivo di preoccupazione. A un certo punto dell’autobiografia egli ricorda una meditazione del 1996 durante gli esercizi per i vescovi spagnoli, dove aveva distinto tra «sorvegliare» e «vegliare su qualcuno»: mentre il primo termine indica la preoccupazione per la disciplina al fine di mantenere la dottrina, il secondo richiede invece mitezza, pazienza e la perseveranza nella carità. «Sorvegliare» significa «controllo», ma «vegliare su qualcuno» è un’altra parola per «speranza». E non lascia dubbi su quale dei due dovrebbe essere la principale caratteristica della Chiesa. «Vicinanza, compassione e mitezza» emergono dunque come gli ingredienti della sua interpretazione della Chiesa, e Francesco è senz’altro consapevole di porsi così in radicale opposizione a quei custodi dell’apparato e della dottrina – non specifica ulteriormente tale gruppo – che auspicano tanto un prossimo conclave che iniziarono la «campagna elettorale» quando il Papa si era trovato l’anno scorso in ospedale.

Nell’autobiografia Francesco fa comprendere che anche da Papa realizza quella visione della Chiesa che ha sempre vissuto, anche da prete e arcivescovo, e che sarebbe proprio questa speranza per una Chiesa «dell’annuncio» e della vicinanza ai poveri e alle periferie che i cardinali avrebbero consapevolmente voluto ed eletto il 13 marzo 2013: infatti, già dopo la sua nomina ad arcivescovo e cardinale di Buenos Aires non si ordinò nuovi talari – riutilizzando e aggiustando quelli del suo predecessore – e abitò nell’ordinariato diocesano anziché nella residenza dell’arcivescovo. Spostandosi sempre con i mezzi, anche da arcivescovo, ha rinunciato persino all’autista privato. Molti gesti che hanno stupito il mondo all’inizio del suo pontificato, non erano dunque una novità: come se Francesco volesse dire che chi ha la pazienza di ascoltare la sua vita comprende come da Papa porti avanti la realizzazione di quella sua visione della Chiesa che con profonda spiritualità e preghiera ha sempre sostenuto davanti a Dio.

Infatti, quando racconta del suo dovere di recarsi a Roma per salutare Benedetto XVI il 28 febbraio 2013 – che in quel giorno si ritirò – e per eleggere poi il nuovo Papa, egli rivela che «la ricchezza di questi palazzi sono inquietanti per me». Se avesse vissuto, da Papa, nel Palazzo Apostolico, avrebbe avuto «prima o poi bisogno di uno psichiatra». Qualcuno l’avrebbe addirittura definito l’«anticristo» per il fatto di «non portare le scarpe rosse» che insieme agli altri paramenti ha coerentemente rifiutato nel momento della proclamazione a Papa in cui scelse programmaticamente il nome Francesco.

In realtà, da sempre ha identificato la sua missione con la vicinanza al popolo di Buenos Aires, che per lui aveva sempre la preferenza rispetto ai viaggi nel centro del potere della Chiesa a Roma, affrontati solo nei casi di necessità indifferibile. Non la curia vaticana, ma «la fede del popolo è il sistema immunitario della Chiesa», mentre «il clericalismo è peccato». Non potevano ovviamente mancare le critiche per un pontificato interpretato in questa maniera, e così c’è chi pensa che egli volesse «distruggere il papato» per aver «eliminato la distanza con gli uomini e le donne». Per Francesco, però, questa distanza è un’idea tutta umana di “potere”, ma sicuramente non corrisponde al messaggio del Vangelo. Oltre a essere oggi fuori dai tempi, come Francesco dice chiaramente.

Raccontandosi, Francesco dedica molto spazio alla sua vocazione al sacerdozio e agli anni ’50, definiti «i più importanti della mia vita». Molto spesso egli racconta dei rosari che prega, sfruttando anche i tempi passati sui mezzi di trasporto. E da tale atteggiamento di preghiera emerge anche la vicinanza ai poveri che è uno dei tratti più caratteristici del suo pontificato. Nelle società che rimuovono Dio completamente, verrebbe a mancare la necessaria forza morale per vivere la dignità della persona, e ciò varrebbe certamente per il marxismo, ma anche per le società occidentali odierne. Cita a lungo Benedetto XVI che in una conferenza del 2007 ha criticato non solo le disuguaglianze sempre più eclatanti «nell’occidente» che rivelano la sua crisi, ma ha anche affermato: «Dove ha governato il sistema marxista, esso ha lasciato dietro di sé non solo una triste eredità di distruzione economica ed ecologica, ma anche una dolorosa distruzione spirituale». La vicinanza ai poveri significa così anche per Francesco stare «né dalla parte dei capitalisti, né da quella dei comunisti», perché solidarizzarsi radicalmente con i poveri è il «centro del Vangelo»: «Chi parla dei poveri, non è automaticamente comunista», e come la povertà così la Chiesa stessa non è un’ideologia. Chi cerca, dunque, di politicizzare il pontificato di Francesco in questo modo, occorre ancora ripeterlo, non lo ha abbastanza ascoltato.

Raccontando attraverso moltissimi episodi la sua vita che si evolve parallelamente ai grandi eventi epocali della storia dalla Seconda Guerra mondiale fino alle guerre odierne, passando per lo sbarco sulla luna, la caduta del muro di Berlino, la pandemia e molti altri momenti di portata storica, Papa Francesco è consapevole del fatto che se la vita avesse preso delle pieghe diverse, ora «siederebbe uno migliore sulla cattedra di Pietro», come afferma a un certo momento con la sua ironia. Ma si potrebbe aggiungere “anche se la storia fosse andata diversamente”. Pertanto, da oggi il suo invito di ascoltarlo – prima di giudicarlo – è aperto a tutti.

* Papa Francesco, Life. La mia storia dentro la storia, con Fabio Marchese Ragona, HarperCollins Italia 2024.

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