Interviste & Opinioni

Per ricordare il senso dell’umiltà

(Sarcasticamente rivolto ai potenti e ai prepotenti)

V’è una tendenza nell’uomo, che è quella di innalzare lo spirito ad alte dimensioni o affossarlo nelle più basse profondità dell’animo umano e, ciò, si può ostacolare solo con la ricerca del significato.

 Oggi, riflettiamo sulla parola Umiltà.

 Vediamo in estrema sintesi come la maggior parte dei Vocabolari di italiano, archivino il termine Umiltà:

Sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei proprî limiti…”

Quindi, la parola umiltà potremmo usarla per descrivere noi stessi agli altri, solo per un eccesso di modestia, ma non potremmo mai permettere ad altri di chiamarci Umili.

Quando diciamo ad una persona: complimenti, ti devo elogiare perché sei una persona umile…

…dobbiamo pur sapere che, la persona destinataria di quella aggettivazione, potrebbe anche offendersi poiché, l’umiltà, è una condizione sottomessa, giammai una virtù. Anzi.

Perché, l’umiltà, oltretutto, si scontra fragorosamente con la Dignità.

Non permetto a nessuno di toccare la mia Dignità. A costo della mia stessa vita

La umiltà, è una delle invenzioni dei potenti (ed anche dei prepotenti), che per edulcorare la condizione di un individuo, misera e disagiata, affinché egli non si ribelli alle ingiustizie sociali, la fanno passare intellettualmente come una virtù.

In realtà, l’Individuo che si dichiari umile, riconosce, così, la superiorità dei potenti e dei prepotenti e, di conseguenza, la sua sottomessa inferiorità.

Volete un prova di ciò che sostengo?

Quando un Potente (o un Prepotente) maltratti un cittadino che non possa e/o non sappia difendersi, si dice di chi ha abusato del “Prossimo”: “Lo ha umiliato”. Quindi lo ha offeso. Perché lo ha sottomesso.

E, qui, scatta il doppiopesismo.

Di contro, si dice al poveraccio di turno per confortarlo: “…non ti preoccupare, perché quando morirai, la Tua umiltà ti porterà direttamente in Paradiso”.

Questa frase, mette in condizione il disagiato di consolarsi perché, “lassù”, il Paradiso, è degli umili e degli ultimi.

E così, “l’umile”, non reagirà contro i prepotenti della Terra, per non perdere anche la unica “chance” ultraterrena che gli rimane.

Avete compreso perché chi gestisce il potere, riesce a sottomettere il popolo?

E si, perché, poi, se l’umile dovesse reagire contro il Potente ed il Prepotente di turno, con una bella bastonata sul groppone di chi sfotta il suo stato, Dio lo punirà perché, il disagiato, si, è vero, che è umile, ma è anche violento.

Quindi, alcuna pietà per l’ultimo che è pure violento.

Dalle parti nostre si dice: “cornuto, vattuto (picchiato) e cacciato di casa”

Molto spesso si suole dire ad un poveraccio in sofferenza sociale: Consolati, anche San Francesco era una persona umile.

E no. Non ci sto.

C’è una enorme differenza tra San Francesco ed una persona socialmente umile.

San Francesco era un uomo ricco, bello, potente, guerriero insomma non gli mancava nulla.

Decise ad un certo punto della sua vita, comunque dopo aver ricevuto in battaglia una palla di ferro in testa che lo mandò in coma (quantomeno così raccontano alcune cronache che riportano episodi di quel tempo, e non so quanto attendibili), di spogliarsi di tutti i suoi averi e di predicare l’umiltà. Quindi, si è trattato di una scelta di vita, e giammai di uno stato sociale.

Quindi, una cosa è che un individuo ricco e bello rinunci a tutto ciò che ha, ed un’altra è che un individuo povero e senza beni, rinunci al nulla, causa del suo stato.

Insomma, voglio ricordare ciò che disse il Giudice Davigo, nel corso di una trasmissione Tivvù a proposito delle Suore di Clausura (magari anche in maniera religiosamente discutibile): “Provate a mandarle in discoteca per due/tre giorni, e poi vedrete”…

Dal canto mio (ripeto, col dovuto distinguo e con il dovuto rispetto verso le scelte di pura vocazione religiosa), sostengo però al pari: provate a regalare un biglietto da un milione di euro della lotteria ad un individuo notoriamente descritto come un “Umile”, e poi vedrete…

 

ROBERTO CHIAVARINI

Opinionista di Arte e Politica

4 thoughts on “Per ricordare il senso dell’umiltà

  1. COMMENTO BREVE A
    Per ricordare il senso dell’umiltà
    di Roberto Chiavarini
    https://www.stampaparlamento.it/2024/02/04/per-ricordare-il-senso-dellumilta/

    L’umiltà è l’altare sul quale Dio vuole che gli si offrano sacrifici.
    (François de La Rochefoucauld)
    https://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_de_La_Rochefoucauld_(scrittore)

    Qui di seguito, un estratto dall’articolo di Roberto Chiavarini.

    L’umiltà si scontra fragorosamente con la Dignità.
    L’umiltà è una delle invenzioni dei potenti (ed anche dei prepotenti), che per
    edulcorare la condizione di un individuo, misera e disagiata, affinché egli non si ri-belli alle ingiustizie sociali, la fanno passare intellettualmente come una virtù.
    (Roberto Chiavarini)

    COMMENTO BREVE

    L’umiltà è una mistificazione prodotta dalle élite onde conservare il controllo
    sugli individui in condizione d’inferiorità e intercludere loro, psicologicamente, di averne coscienza e, di conseguenza, insorgere contro le iniquità sociali.
    L’umiltà è mellifluamente propinata come una virtù onde lasciar pensare ai sog-
    getti che la loro condizione di indigenza e difficoltà sia plausibile e che non debba-no nemmeno tentare di ottimizzare la propria situazione.
    In effetti, la dignità umana è annichilita, poiché gli individui vengono coartati a
    patire prepotenze senza protestare, obnubilati da un Super-Ego culturale coatto, manipolatore.
    L’umiltà è un paradigma di asservimento strumentalizzato dal potere per conser-
    vare il suo status, mentre la dignità postula lo scontro contro l’iniquità e la ricerca di parità ed imparzialità sociale.
    La Dignità riproduce la sostanza medesima del singolo, la sua virtù caratteriz-
    zante che non può venire ricusata o diminuita da chicchessia.
    Essa racchiude la considerazione di sé stessi e del prossimo, la cognizione dei
    propri diritti e la determinazione di salvaguardarli.
    L’umiltà è, de facto, una specie di assoggettamento o abiura della propria singo-
    larità e indipendenza.
    Sovente è identificata nella semplicità e nella carenza di aspirazioni individuali.
    Qualsiasi soggetto ha il diritto di venire rapportato con riguardo e dignità, a pre-
    scindere dal suo status sociale o patrimoniale.
    E ancora, François de La Rochefoucauld affermava:
    “L’umiltà spesso non è che una finta sottomissione, di cui ci si serve per sotto-
    mettere gli altri;
    è un artificio dell’orgoglio che si abbassa per esaltarsi; e benché si trasformi sotto
    mille spoglie, non è mai meglio camuffato e più ingannevole di quando si nasconde sotto la maschera dell’umiltà.”

    Questo ulteriore postulato di de La Rochefoucauld sembra manicheo rispetto al
    suo incipitale.
    Il primo viene fatto passare per una virtù.
    Il secondo, questo, viene proposto come vizio.
    Lo scrittore francese era molto bravo nell’assumere posizioni antitetiche relati-
    vamente allo stesso soggetto.
    Non è mai stato considerato un erista, ma di fatto, almeno in alcuni casi, lo era.
    Eristica, ovvero Arte del disputare (in greco ἐριστική τέχνη) attraverso contrasti
    dialettici diretti a imporre la propria argomentazione, a prescindere dal suo contenu-to di verità.
    Qui di seguito, un estratto originale da Wikipedia:

    Dialettica eristica
    Un manoscritto di Arthur Schopenhauer , iniziato intorno al 1830, è generalmen-
    te chiamato Eristic Dialectics , in cui egli descrive questo (chiamato anche Eristics nel manoscritto ) come una teoria dell’arte per risolvere una disputa per fas et nefas ( dal latino “con mezzi consentiti e illeciti”) per apparire come colui che ha “ragione”.
    Per raggiungere questo obiettivo elenca 38 stratagemmi retorici (che chiama
    “trucchi”), che quindi non servono a trovare la verità, ma promettono solo il succes-so in un dibattito attraverso determinate forme argomentative.
    Anche i sofismi classici avrebbero questo scopo ; alcuni di questi sono citati an-
    che da Schopenhauer.
    Menziona il manoscritto allora incompleto con i primi nove “artifici” nel 1851
    in Parerga e Paralipomena.
    Lì spiega perché finora si è astenuto dal pubblicarlo.
    Sebbene continuasse ad ampliare e ampliare questo manoscritto, lo lasciò a “una
    quarantina” di trucchi (in realtà sono 38) perché era disgustato da “tutti questi na-scondigli di grettezza e incompetenza, alleati con testardaggine, vanità e disonestà”.
    Per illuminare […] “quindi lo lascio a questo campione”:
    si astenne quindi dal pubblicarlo durante la sua vita; divenne noto solo postumo
    (e non nella sua forma originale) nel 1864;
    la forma originaria solo dopo il 1966.

    Questo commento breve all’articolo di Roberto Chiavarini, si conclude con al-
    cune parole di Marco Tullio Cicerone (De divinatione, 2,58) ripreso molto più tardi dai filosofi Michel de Montaigne (Saggi) e Blaise Pascal (Pensées):

    Nihil tam absurde dici potest quod non dicatur ab aliquo philosophorum.
    Non si può dire niente di talmente assurdo che non sia affermato da qualche fi-
    losofo.

    Con queste parole, Cicerone intendeva affermare ed evidenziare la relatività del
    pensiero umano.

    https://www.accademia-asf.it/accademici_bio.php?id_socio=124

  2. L’ umiltà non è una condizione preposta , bensì un modo di porsi verso il prossimo , che include il non esagerare sia nell’ autostima che nel valutare chi ci sta di fronte . Vero è che umili si nasce , c’è chi non per vanto , piuttosto che per orgoglio , viene facilmente svalutato quantunque il suo valore non possa esser misurato , perché la DIGNITÀ che è un valore IMPRESCINDIBILE per ogni essere umano viene ritenuta un ‘opzione di cui dovrebbero beneficiare solo i GRANDI o solo gli sfigati nel mondo contemporaneo.

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