Interviste & Opinioni

Il dissenso

Testo originale di Roberto Chiavarini

Il dissenso, in tutte le manifestazioni della vita sociale, è il peso da contrapporre all’altro piatto della bilancia, laddove si colloca lealmente e legalmente l’assenso.

Ovvero, una operazione di ingegneria sociale, assolutamente necessaria per gli equilibri di una Società democratica, liberale, moderata e moderna …
insomma, a misura d’uomo.

Però, se viene a mancare il dissenso perchè discriminato, censurato e corretto con la “matita rossa” dai “Maestri del nulla”, non vince certo la verità del consenso (che ne subisce, evidentemente, una grave quanto irreparabile delegittimazione) ma, diversamente, ne lucra la vergognosa menzogna legata agli interessi di coloro che vogliono imporre al popolo il pensiero unico …

Il loro, naturalmente …

In questo caso, chi ha il consenso, allontani e isoli i sabotatori della Pace, della Democrazia e della Giustizia …

Perché arriverà il tempo dell’alternanza e tutto potrebbe capovolgersi … anche con gravi conseguenze sociali, legate alla rivalsa, che diventerebbero più che giustificate …

E lo facciano soprattutto gli uomini di buona volontà, a qualsiasi area sociale appartengano, anche se Voltaire, nel frattempo, allarmato da quanto accade oggi in Italia e nel mondo, si gira e si rigira nella sua tomba …

Roberto Chiavarini
Opinionista di Arte e Politica

2 thoughts on “Il dissenso

  1. GIORDANO BRUNO

    Nihil sub sole novum
    Nulla di nuovo sotto il sole.

    Aforisma biblico, incluso nel libro dell’Ecclesiaste (1, 10), per mezzo del quale
    l’artefice vuole attestare l’opprimente ripetitività delle vicende umane nel para-digma più universale della loro vanagloria.
    L’adagio viene ribadito correntemente (di frequente ancora nella struttura nihil
    sub soli novi) onde parafrasare il perenne iterarsi degli accadimenti nella storia umana.
    Persino Giordano Bruno venne sottoposto all’ingiuria del bavaglio o, preferibil-
    mente, della mordacchia.
    Giordano Bruno, frate domenicano, fu ucciso dalla Chiesa il 17 febbraio 1600, a
    Campo de’ Fiori, Roma.
    Nel momento in cui il detenuto era scortato alla pira, dal carcere di Tor di Nona
    al sito in cui sarebbe stata eseguita la pena, gli fu installata la mordacchia con la lingua in giova, ossia infilzata da un chiodo inarcato in maniera che egli non fosse in grado di parlare.
    Il volto venne compresso in una morsa di ferro e nella lingua venne installato un
    grande chiodo.
    Un ulteriore chiodo venne infisso nel palato, acciocché non potesse protestare le
    proprie verità e la sua incolpevolezza.
    Ai sudditi narrarono che era un protestante luterano.
    Una menzogna che, illo tempore, veniva abusata onde calunniare tutti i soggetti
    che erano condannati dalla Chiesa.
    Oggi, anziché protestante luterano, si direbbe complottista.
    Giordano Bruno era è un frate domenicano (i demiurghi della Santa Inquisizio-ne
    erano suoi confratelli) il quale venne condannato, non per questioni squisitamente teologiche, ma per discipline che la Chiesa aveva stabilito di subordinare ai suoi preconcetti:
    l’essenza dell’essere e le procedure con cui inquisirlo.
    I delitti di Giordano Bruno, pertanto, erano inerenti alle sue opinioni, in quanto
    era un geniale intellettuale che questionava sull’immensità dell’universo, la presen-za di mondi diversi e, particolarmente, non identificava la Terra quale nucleo dell’Universo.
    La presente è un’analisi dell’inclinazione dell’autorità alla falsità, all’ abuso e al
    disprezzo dei suoi capri espiatori.
    Giordano Bruno ha sofferto il dolore del fuoco, acciocché non vi fosse versa-mento di sangue.
    Questa la gesuitica (ipocrita) giustificazione di Santa Madre Chiesa.
    Va ricordato che i Domenicani erano gli esecutori degli interrogatori, mentre i Gesuiti erano i Padri Spirituali dei condannati.
    La mordacchia era una museruola di ferro, la quale incastrava in bocca, in ade-
    renza con la lingua, una piastrina, pure questa di ferro, con delle punte che lacera-vano la lingua, facendole versare sangue, qualora venisse mossa.
    Ineluttabilmente la lingua perdeva sangue e il seviziato altro non poteva se non
    deglutire il proprio sangue, cagionando nuovi strazi e ulteriore perdita di sangue.
    In altro modo, per Giordano Bruno, la mordacchia venne studiata non esclusiva
    mente per lacerare la lingua, bensì per inchiodarla e inibire al monaco, in ogni caso, di proferire motto.
    La mordacchia si propagò celermente, in sincronicità con la caccia alle streghe,
    poiché sembrava lo strumento più adatto per far tacere persino la coscienza dei (presunti) rei colpevoli.
    Ci risiamo?

  2. Parole forti che descrivono la società in declino in cui viviamo… tanti complimenti all’autore dell’articolo.

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