Niente fuori dallo stato, nulla contro lo stato, tutto nello stato.
di Canio Trione
Niente fuori dallo stato, nulla contro lo stato, tutto nello stato.
Tanto tempo fa il fascismo per darsi una dottrina che non aveva ha pensato di declamare: “niente fuori dalle stato, nulla contro lo stato, tutto nello stato”. Una formula dal semplicismo disarmante tagliato apposta per menti inclini alla obbedienza e prive di iniziativa.
Se confrontato con la situazione odierna questo motto o programma sembra attualissimo: lo stato interviene oggi in ogni aspetto della vita e la gente attende ad ogni piè sospinto di essere aiutata dallo stato. E questo accade un po’ ovunque nel mondo specie in quei paesi più a sinistra. Pure diciamo di essere democratici e ci offendiamo se ci dicono che siamo fascisti.
La tracimazione dello stato nel campo privato iniziato con il fascismo e rafforzata in modo micidiale dall’utilizzo delle nuove tecnologie, si è diffusa ed ha continuato a fagocitare pezzi di libertà perché la cricca di turno al potere, di ogni colore fosse, ha trovato come una perdita di potere rilasciare fette di ruoli che il fascismo si era attribuito. Così per esempio l’IRI che al momento della sua costituzione si pensava dovesse durare cinque anni per poi riprivatizzare tutto, è durata fino a ieri! e se l’Europa non avesse espresso il desiderio di spezzettarlo a favore delle multinazionali che avevano voluto la Europa Unita sarebbe ancora in vita.
Ma il vizio non lo abbiamo perso così anche dopo la fine dell’IRI si è ricominciato a pubblicizzare pezzi rilevanti della nostra economia attraverso la Cassa depositi e prestiti o altro fino a sentire per l’Alitalia o l’acciaieria di Taranto sempre la stessa solfa (nazionalizziamo) specie da sinistra in perfetta sintonia con il fascismo. Ma che differenza c’è allora tra oggi e allora? Tra sinistra e fascismo?
Forse per via del fatto che il maggior consigliere e amico del Duce era un comunista sfegatato che ha inventato tantissime cose che hanno fatto l’economia italiana -tra le quali anche l’IRI-, certo è che siamo fermi a quella concezione fatta propria dal fascismo ed elaborata dai comunisti dell’epoca; serve quindi prendere atto che le generazioni che hanno soppiantato il fascismo hanno preso molto sul serio la dottrina fascista e l’hanno applicata a proprio vantaggio fino ad arrivare a occupare ogni rapporto economico dalla emissione di una fattura alla nominatività dei titoli di stato, dalla soppressione del segreto bancario alla dichiarazione dei redditi passando attraverso l’IVA e la previdenza sociale vero e proprio stato nello stato e quindi obbrobrio sociale, giuridico, economico, culturale.
Però, come era prevedibile, il “tutto nello stato”, da destra o da sinistra che fosse, non ha prodotto felicità nella gente anzi abbiamo patologie sociali gravissime come una diffusa denatalità, l’abolizione della famiglia, saccheggio dell’ambiente, consumismo sfrenato, dipendenza se non assuefazione all’assistenzialismo fino all’imbecillità sociale.
Dopo più di un secolo ancora si indugia con queste teorie ormai superate ma applicate in ogni angolo del mondo.
Il liberalesimo del ventunesimo secolo -assieme e guidato dagli eredi della latinità- è chiamato ad elaborare il modello nuovo di società ed economia prima che lo statalismo -vera droga sociale- distrugga anche gli ultimi sintomi di vitalità intellettuale residui.




