Cronaca e Politica

Perché Israele teme la bomba iraniana

“La vera felicità sta nel fare il bene.”
— Marco Aurelio

L’ombra nucleare e il fragile equilibrio del Medio Oriente

La paura che Israele manifesta nei confronti di un Iran dotato di armi nucleari è ufficialmente legata alla sopravvivenza stessa dello Stato ebraico. Teheran, che non riconosce Israele e lo definisce “entità sionista”, ha alimentato per anni una retorica di annientamento, rendendo la minaccia nucleare iraniana non solo militare, ma simbolica.

Tuttavia, la realtà geopolitica è più complessa. Israele possiede da decenni un arsenale atomico non ufficialmente dichiarato ma universalmente riconosciuto. Se l’Iran si dotasse della bomba, si instaurerebbe una dinamica di mutua deterrenza simile a quella tra Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra Fredda. Questo equilibrio congelerebbe i margini di azione militare di Israele, che si ritroverebbe per la prima volta in una posizione simmetrica rispetto a un nemico storico.

L’attacco prima del dialogo

La tempistica dell’azione militare israeliana contro i siti nucleari iraniani solleva interrogativi. Ufficialmente, la giustificazione è l’avanzamento del programma nucleare di Teheran, come denunciato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Ma i fatti suggeriscono altro: proprio mentre a Muscat si apriva il sesto round dei colloqui tra Washington e Teheran, Tel Aviv ha deciso di colpire.

Benjamin Netanyahu non ha mai nascosto la sua ostilità verso i negoziati tra Stati Uniti e Iran. Israele teme non solo l’atomica, ma anche un Iran riabilitato sul piano internazionale. Un accordo sul nucleare significherebbe riammettere Teheran nel concerto delle nazioni, ridimensionando il ruolo centrale di Israele come baluardo occidentale nella regione.

Alleanze mutevoli e tensioni incrociate

Lo scenario globale riflette schieramenti consolidati e ambiguità strategiche. Gli Stati Uniti, seppur non coinvolti direttamente nel raid, restano i principali alleati di Israele. Anche l’Europa occidentale, pur critica, mantiene una linea filo-israeliana. Dall’altro lato, Russia e Iran rafforzano una partnership strategica, alimentata da interessi energetici e militari comuni.

Nel mondo arabo, la questione si complica: mentre l’Iran si propone come paladino della causa palestinese, molti Stati sunniti, in particolare l’Arabia Saudita, guardano con timore all’ascesa nucleare della potenza sciita. La creazione di una bomba atomica iraniana scatenerebbe probabilmente una corsa agli armamenti nella regione.

Lo scontro per procura e la strategia dell’attrito

Lo scontro diretto tra Iran e Israele è finora avvenuto attraverso delegati: Hezbollah, Hamas, milizie sciite in Siria e Iraq, Houthi in Yemen. Tuttavia, i mesi recenti hanno visto un’escalation con colpi reciproci che superano la soglia del simbolico. L’uccisione mirata di leader iraniani e lanci di missili interstatali segnalano una guerra che si avvicina sempre più al confronto aperto.

Una possibile rivolta interna?

Israele punta anche a un indebolimento del regime iraniano dall’interno. Appelli pubblici ai giovani iraniani e il parallelo con la caduta del regime siriano a fine 2024 fanno intravedere una strategia che va oltre i missili: quella della destabilizzazione interna. Ma Teheran non è Damasco. L’opposizione esiste, e si manifesta con coraggio, ma le strutture di potere iraniane sono profonde, e il sentimento anti-israeliano condiviso da molte fasce della popolazione.

Riflessoni finali: una bomba cambia tutto, ma non risolve nulla

Israele teme l’atomica iraniana non solo per la distruzione che può provocare, ma per ciò che rappresenta: la perdita del primato strategico, l’arrivo di un nuovo equilibrio, l’inizio di un’era in cui il potere non è più esclusivo.

Ma in questo gioco di minacce e deterrenza, di raid e diplomazie parallele, una verità resta inalterata: ogni bomba costruita nel presente è una condanna al futuro. Nessuna vittoria potrà mai compensare la distruzione che un solo ordigno nucleare porterebbe con sé.

L’Iran vuole dimostrare di essere rispettato. Israele vuole restare invulnerabile. Entrambi rischiano di perdere molto più di quanto possano guadagnare.

Carlo Di Stanislao

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