Esposizione digitale precoce e impatti sul neurosviluppo
Una questione urgente per genitori e Parlamento
di Domizia Di Crocco
Tablet per calmare un pianto. Cartoni animati a ciclo continuo per mangiare. Giochi “educativi” digitali a un anno. È la nuova normalità per milioni di bambini, che crescono immersi negli schermi ben prima di imparare a camminare o parlare. Una consuetudine sempre più diffusa, ma che la scienza guarda con crescente preoccupazione. Perché l’esposizione digitale precoce non è neutra: condiziona lo sviluppo del cervello, altera le traiettorie cognitive e affettive, e mette a rischio la salute mentale delle nuove generazioni.
Lo dicono i dati, non l’allarmismo.
L’American Academy of Pediatrics raccomanda di evitare l’uso di schermi sotto i 18 mesi (eccetto videochiamate) e di limitarlo a un’ora al giorno tra i 2 e i 5 anni, solo in compagnia dell’adulto. Tuttavia, la realtà quotidiana è molto diversa. Secondo una recente indagine condotta dall’Università di Milano-Bicocca, il 61% dei bambini italiani sotto i tre anni utilizza dispositivi digitali quotidianamente, spesso senza supervisione.
Le conseguenze sono concrete: ritardi nel linguaggio, riduzione della capacità attentiva, difficoltà di autoregolazione emotiva, carenza di gioco simbolico e interazioni sociali. Il cervello infantile, altamente plastico nei primi anni di vita, ha bisogno di esperienze tridimensionali, corporee e relazionali per costruire connessioni sinaptiche sane. Gli schermi, invece, offrono stimolazioni veloci ma piatte, spesso prive di feedback emotivo.
Uno studio pubblicato su JAMA Pediatrics ha osservato che un’esposizione superiore alle 2 ore al giorno, nei bambini di 2 anni, è correlata a un minore sviluppo della sostanza bianca, fondamentale per il linguaggio e l’autoregolazione. In Francia, una campagna del Ministero della Salute ha messo in guardia contro l’“effetto schermite”, allertando le famiglie sulle possibili ricadute comportamentali e cognitive.
Serve una risposta istituzionale.
Non possiamo più affidare la regolazione dell’infanzia digitale al solo buon senso dei genitori. L’accessibilità illimitata dei dispositivi, la pressione del mercato e l’assenza di regole chiare hanno generato una zona grigia in cui i bambini vengono esposti precocemente e massicciamente senza alcuna tutela.
È tempo che il Parlamento italiano intervenga con decisione, adottando misure che altri Paesi hanno già avviato:
– Linee guida nazionali sull’uso dei dispositivi digitali in età prescolare, in collaborazione con esperti di neuropsichiatria infantile, pedagogia e comunicazione.
– Divieto di pubblicità digitale e televisiva rivolta a minori di 3 anni, come già avviene per altre categorie vulnerabili.
– Educazione digitale precoce nei programmi scolastici, che parta dalla consapevolezza dei limiti, non solo delle potenzialità.
– Controlli e certificazioni pediatriche sull’utilizzo dei media da parte delle famiglie, come parametro rilevante nella prevenzione primaria.
– Un Osservatorio nazionale interministeriale sull’impatto digitale in età evolutiva, che produca monitoraggi annuali e orienti le politiche pubbliche.
Una nuova priorità politica ed educativa.
Investire sul neurosviluppo significa investire sul futuro del Paese. La salute mentale e cognitiva dei bambini non può essere lasciata in balìa delle tendenze commerciali o delle soluzioni “facili” offerte dalla tecnologia.
L’Italia, oggi, ha la possibilità di guidare una svolta culturale: promuovere un uso consapevole e responsabile del digitale fin dalla prima infanzia, non come crociata contro l’innovazione, ma come scelta di civiltà.
I bambini non hanno voce per difendersi. Ma hanno diritto a un cervello che cresca sano, libero, in relazione. Tocca agli adulti – genitori, educatori, politici – farsi carico di questa responsabilità. Prima che l’infanzia venga definitivamente trasformata da una silenziosa dipendenza luminosa.