Interviste & Opinioni

La democrazia sa ancora difendersi? Sui recenti dibattiti in Germania

Markus Krienke

Qualche giorno fa, l’Ufficio federale tedesco per la protezione della Costituzione (Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV) ha documentato in uno rapporto indipendente che l’AfD deve essere considerato come «chiaramente estremista di destra», precisando in una dichiarazione che «la sua concezione del popolo, predominante nel partito, è basata sull’etnia e la discendenza e pertanto non è compatibile con l’ordine fondamentale democratico e liberale». Il motivo principale è dunque la contrarietà con l’articolo 1 della Legge fondamentale (Grundgesetz, cioè la Costituzione tedesca), il quale vincola lo Stato tedesco e le sue istituzioni democratiche alla dignità inviolabile dell’uomo. Inoltre, tale articolo è posto sotto la «clausola di eternità» (Ewigkeitsklausel, secondo l’art. 79 comma 3 della Costituzione) che ne proibisce qualsiasi modifica o “compromesso”. La forte preoccupazione tedesca circa l’ideologia gravemente anticostituzionale dell’AfD ha dunque ricevuto una sua conferma istituzionale.

Altri dettagli del rapporto, lungo 1100 pagine, non sono noti, perché esso per ora non verrà pubblicato in quanto i suoi risultati – così l’argomento ufficiale che giustamente suscita in Germania molte perplessità – si basano su mezzi di intelligence, ossia su indagini ottenuti tramite metodi propri dei servizi segreti (registrazione di conversazioni, infiltrazione di informatori, ecc.). Una giustificazione ritenuta poco convincente che però fa sì che in questo momento in Germania tutti discutono di un documento senza averlo naturalmente potuto leggere. La fiducia nell’operato serio ed indipendente di tale istituzione federale nella maggioranza della popolazione è però indubbia, mentre il partito naturalmente ricorre ai mezzi giuridici per impugnare tale indagine che potrebbe diventare la base per un processo di messa al bando, che significherebbe non solo l’impossibilità di presentarsi alle elezioni ma anche la perdita del suo finanziamento pubblico che attualmente ammonta a circa 10-11 milioni annui.

In precedenza, tale giudizio di essere «chiaramente di estrema destra» era stata applicata solo alle formazioni regionali di tale partito nei tre Länder della Sassonia, della Sassonia-Anhalt e della Turingia, nonché all’organizzazione giovanile Junge Alternative che però si è sciolta un paio di mesi fa.

E anche se si sottolinea che la tendenza all’ideologia del nazionalismo etnico e alla minimizzazione del nazismo si sarebbe continuamente intensificato negli ultimi anni, altre realtà del partito, specialmente a livello regionale, in passato non sono state proibite o indagate, e ciò significa che la consistenza di anticostituzionalità non è ugualmente evidente in tutte le sue strutture territoriali. Ciò rende più che incerto l’esito di un eventuale potenziale processo di messa al bando, che del resto durerebbe anche molto tempo (probabilmente un paio d’anni). La proibizione di un partito è senz’altro uno strumento previsto dalla democrazia tedesca, del resto tra i più forti. Esso può essere richiesto presso la Corte costituzionale da parte del governo o del parlamento, e (dopo il 1952 e il 1956) fu realizzato nel 2017 per il partito estremista della NPD, e solo al secondo tentativo. Non è tuttavia scontato che si procederà verso l’apertura del processo contro l’AfD, perché non è per niente scontato che la Corte costituzionale confermerebbe l’evidenza che la sua ideologia razzista e antidemocratica costituisce nei fatti anche un pericolo concreto per lo Stato di diritto e la democrazia.

Inoltre, percorrere la via costituzionale per tentare un divieto, diventerebbe un’ulteriore conferma per lo stesso partito nel diffamare i partiti democratici di piegare le istituzioni pubbliche dalla loro parte nell’intenzione di liberarsi da un “avversario scomodo”.

In ogni caso, forte dei suoi quasi 21% ossia 10 milioni dei voti, l’AfD sta già cercando di capitalizzare la situazione creatasi denunciando il rapporto BfV come arma politica, e dunque come parte della strategia dei partiti dell’arco costituzionale. A tale fine, il fatto che la BfV è un’agenzia subordinata al Ministero dell’Interno viene interpretato come conferma di essere uno strumento della politica di governo. All’AfD “basta” dunque continuare nella sua strategia di esercitare pressione sui partiti democratici nonché una große Koalition che già sul suo nascere presenta momenti di debolezza, e che dovrà concentrarsi sempre di più sul problema non solo come gestire la forte presenza dell’AfD in parlamento e nelle sue istituzioni, ma anche come interagire con una popolazione che esprime notevoli consensi politici per esso.

Le forti reazioni, che erano caratterizzate da impulsività e tensioni notevoli già in occasione del “voto congiunto” tra CDU e AfD a fine gennaio nel Bundestag e che ora si ripetono nelle voci che pretendono un divieto veloce del partito, dimostrano ancora una grande incertezza nel come gestire la protesta della popolazione che si articola in parte come tendenza di allontanamento dalla democrazia.

Un divieto “aiuterebbe” la popolazione a comprendere il carattere ideologico dell’AfD o si trasformerebbe in un’arma di quest’ultima? Perché nulla mette una democrazia tanto in crisi quanto il portarla a quelle domande che vorrebbe assolutamente evitare, ossia: quale è il limite di “tollerabilità” di forze intolleranti nella società? Quando è raggiunto il livello di violenza pubblica, esercitata dai nemici della democrazia, che rappresenta un pericolo esistenziale per la stessa democrazia? Siccome a queste domande non esistono “risposte democratiche”, essa di natura loro portano lentamente alla sua crisi.

Reagire a tali provocazioni con il mezzo più potente dell’ordinamento giuridico – la messa al bando di un partito – verrebbe interpretata come reazione sproporzionata da parte di quelle forze che reclamano per sé di rappresentare l’asticella e il metro di giudizio della democrazia. Sarà che non sapranno più convincere con i “propri” mezzi democratici? Percorrere la via dell’argomento razionale e della formazione culturale, e ritrovare il coraggio per una politica che affronta davvero le sfide del futuro senza scaricare il costo per la politica di oggi sulle generazioni di domani, è certamente la strada più difficile, ma l’unica sostenibile se davvero si vuole salvare la democrazia. E precisamente su questa, l’attuale große Koalition si gioca la futura tenuta democratica della Germania.

foto Ansa

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