Cronaca & Politica

Le Olimpiadi del “terzo mandato”

del Dott. Sergio Cucini 

Ci sono due persone in Italia che hanno legato il proprio destino alla organizzazione delle prossime Olimpiadi invernali e che, con molta probabilità, non ne vedranno l’inaugurazione dall’alto delle loro cariche : Giovanni Malagò e Luca Zaia.

Il primo è il presidente del CONI, grande burattinaio del circo dello sport italiano, dalle innumerevoli cariche e con una storia controversa, che tanto si è speso per candidare l’Italia a questa edizione dei giochi, incardinato nella presidenza della Fondazione Milano Cortina 2026; si è battuto come un leone per ottenere quella proroga che gli avrebbe fatto concludere una carriera da dirigente sportivo, ricca di successi e medaglie degli atleti, senza nessuna soddisfazione dal suo referente politico, il ministro dello Sport Andrea Abodi, che ha mandato innumerevoli segnali per spiegare che “la legge” era contraria a qualsiasi proroga.

Il secondo è il popolarissimo presidente della regione Veneto, rieletto con maggioranza veneta (versione autoctona della più famosa bulgara) al secondo mandato, e che ha confidato in tutte le sue capacità di relazioni per ottenere una riforma legislativa nazionale che andasse oltre il limite definito da una norma della regione che già gli aveva concesso, tartufescamente, di non considerare nel conteggio l’elezione precedente al recepimento della legge 165/2004, per cui il terzo mandato sarebbe già stato fatto senza entrare nel conteggio. Cinico e baro è stato il destino poichè anche il tentativo di aggirare la legge del suo omologo campano De Luca (vedi il karma: meridionale e del partito antagonista) si è infranto contro la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile scorso.

Personalità così diverse, nel carattere e nella storia, che però non potranno impugnare la fiaccola olimpica dall’alto dei loro incarichi di vertice.

La questione è se ciò sia legittimo, opportuno, proficuo.

Sulla legittimità non si discute, tante e tali sono state le manovre per superare le leggi che il risultato non può che confortare gli italiani: una nazione che vede i cittadini ed elettori perennemente critici nei confronti della casta, ritenuta intoccabile una volta che vengano spalancate le porte dei privilegi, grazie a un elezione politica o a incarichi di vertice, ma restii a chiedere conto dei risultati e punire nel segreto dell’urna chi ha deluso le aspettative e le promesse, rifuggendo nell’astensionismo e nella lamentela, non può che compiacersi che le leggi sono state rispettate, superando la delusione che può provocare la valutazione di quante energie sono state impiegate per una deroga o una riforma ad personam.

Riguardo all’opportunità, non ci si può esimere dal giudizio sul valore delle persone coinvolte; e qui si apre l’arena delle speculazioni che vedrà sostenitori e detrattori schierati senza speranza di una soluzione salomonica: dal Dio (ops…il popolo) lo vuole al “dopo di me il diluvio” (sapendo quali sono i dirigenti delle singole federazioni e i tanti scheletri nascosti negli armadi) i diretti interessati hanno manifestato urbi et orbi tanto l’amarezza per l’impossibilità di ricandidarsi che per l’assenza dal palcoscenico olimpico.

Infine, il discorso più importante: è utile? In un paese condizionato da un retaggio secolare che ha visto riformare la Camera dei Deputati in quella dei Fasci e delle Corporazioni; dove la nomina e l’appartenenza prevalgono sul merito e il consenso democratico; dove non esiste sindacato, ordine professionale, rappresentanza di categoria, apparato burocratico che non abbia manifesta la sclerotizzazione della classe dirigente, affollata dalle cariatidi che succedono a se stesse; dove un partito politico ha dovuto abdicare a un punto cardine del programma elettorale e abiurare l’impegno con gli elettori; mettere un limite temporale agli incarichi, non solo dei vertici in questione ma in generale, darebbe una scossa alla vita politica e delle rappresentanze dei corpi intermedi e un’iniezione di fiducia ai giovani, agli  elettori, ai cittadini di ogni età e genere per ritornare a credere in se stessi e nell’Italia stessa.

Dott. Sergio Cucini 

foto Coni

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