Cultura, Ora legale per i Diritti umani

Nell’attesa di un segnale forte

di Dario Giannicola

Serve un impegno urgente mirato e collettivo per contrastare violenza e femminicidi.
Il continuo aumento dei dati sui femminicidi in Italia e nel mondo configurano un’emergenza
sociale che non può essere ignorata e quanto meno sottovalutata con leggi e provvedimenti
che non trovano la giusta attuazione.
Troppe storie di donne private della libertà, della dignità e spesso anche della vita, sono la
conseguenza di una burocrazia tortuosa e resistente che ripetutamente lede
le dinamiche della prevenzione.
Il contrasto alla violenza non può essere pianificato in termini di pena, ma deve evolversi nel
recupero culturale di un dovere civile.
Per costruire una società più equa e sicura servono educazione, formazione e conoscenza.
Secondo i rapporti dell’ISTAT e delle organizzazioni internazionali,
la violenza di genere rimane un fenomeno strutturale.
In Italia, negli ultimi quattro anni, sono stati registrati circa seicento
femminicidi, spesso perpetrati da partner o ex partner.
A livello globale, l’OMS stima che una donna su tre subisca violenza fisica o sessuale nel corso
della vita.

Per contrastare questa piaga, è indispensabile agire su più fronti ed educare alle relazioni sane
fin dall’adolescenza, promuovendo programmi scolastici contro gli stereotipi di genere e la
cultura del possesso, riveste un carattere prioritario.
Attuare campagne di sensibilizzazione che coinvolgano anche gli uomini, sfidando le radici
della violenza, può essere un fattore determinante al fine dell’acquisizione
di un consapevole rispetto della vita umana.
Il potenziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, garantendo fondi stabili ed
accessibilità in ogni territorio è senz’altro indispensabile, così come il rafforzamento specialistico
delle forze dell’ordine, dei magistrati e degli operatori sociali.
Applicare con rigore le leggi esistenti, come il Codice Rosso, riducendo la burocrazia ed i tempi
processuali, garantirebbe un’accoglienza immediata ed una istantanea tutela della vittima,
soprattutto attraverso il tempestivo allontanamento dell’aggressore e le severe conseguenti pene certe,
anche nel caso di sole piccole lesioni.
Il ruolo della giustizia si deve fondere con la macchina della prevenzione, fra l’altro
monitorando l’efficacia delle misure di allontanamento e dei braccialetti elettronici.
Supportare l’autonomia finanziaria delle donne, attraverso incentivi al lavoro e percorsi di
reinserimento professionale per le vittime di violenza, creare alleanze tra istituzioni, scuole,
associazioni e privati per individuare precocemente situazioni a rischio e sostenere le vittime, nonché
combattere vizi e prevaricazioni, che non possono essere minimizzati in termini di “raptus”,
possono servire a realizzare un cambiamento culturale che parta da un linguaggio
mediatico comune privo di termini come “amore malato” o “gelosia comprensibile” e arrivi alla
denuncia attiva di comportamenti tossici.

Gli esempi virtuosi, quali le iniziative delle associazioni come DiRe o Non Una di Meno, i
progetti locali che uniscono arte, formazione e advocacy, così come il cammino intrapreso dall’
l’Europa stessa attraverso la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, restano un
faro per le politiche integrate, ma quello che realmente urge è qualcosa che possiamo fare tutti
non restando in silenzio, segnalando situazioni sospette al numero antiviolenza 1522, sostenendo
chi aiuta, donando tempo o risorse ai centri sul territorio, educando le nuove generazioni,
incentivando il bene ed il rispetto in ogni tessuto sociale.
La tutela della donna non è un tema “da donne”, ma una sfida che riguarda l’intera comunità e
soprattutto la politica. Deve partire dalla Camera dei Deputati quel segnale forte, che
attraverso il Ministero dell’Istruzione e del Merito dia forza e vigore alla scuola,
promuovendo ulteriormente l’Educazione Civica ed una concreta Formazione Antiviolenza,
una azione solida e tangibile che avvicini gli studenti al bene,
al dialogo, alla condivisione, alle esigenze ed al rispetto di ogni fascia sociale, ma soprattutto
che insegni ad amare quelle più fragili e vulnerabili.
Solo con un impegno corale, che unisca prevenzione, formazione, protezione e giustizia, potremo
sperare di trasformare il dolore in azione, e l’azione in cambiamento.

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