Trump: Firmati gli ordini esecutivi
Washington si prepara alle nuove sfide anticipate già in piena campagna elettorale da Donald Trump, sui temi riguardanti i dazi e i rimpatri.
I fatti parlano chiaro e l’azione di Trump riguarda come è già avvenuto in passato, i rimpatri di tutti quei migranti irregolari entrati negli States. In un primo approccio, ci sarebbe la firma degli esecutivi che riguarderanno i dazi da imporre in maniera concreta ai paesi confinanti come il Messico pesantemente giudicato da Washington come il principale responsabile dell’introduzione di droga in USA, le accuse riguardano gli organi di governo messicano, a sua volta collusi, secondo Trump, con i principali cartelli della droga operanti in Messico. Non è un mistero che i cartelli messicani che gestiscono il traffico di stupefacenti in Messico, riescono ad esportare il loro letale prodotto nel territorio americano. Uno scempio secondo Donald Trump che deve finire. Da lì, la firma dell’esecutivo che tasserà i beni di importazione messicani del 25%, che sul lato economico, sarebbe un vero e proprio salasso, visto il valore di importazione dei beni messicani che si aggira intorno ai 900 miliardi di dollari. Non si è fatta attendere la contro risposta messicana, per quanto riguarda l’importazione in Messico di beni americani, con il presidente messicano Claudia Scheinbaum piuttosto incollerito in merito alle accuse lanciate da Trump sul traffico di droga e le migrazioni illegali verso gli Stati Uniti d’America. Il Messico esporta l’80% della sua produzione verso gli USA, ma a preoccupare Washington ci sarebbe l’import messicana, dove la Cina detiene lo scettro(20%) e cosa ancora più importante per la Casa Bianca, è la vicinanza dei potenti cartelli della droga, come quelli di Sinaloa e Tijuana, agli organi di governo messicano. I dazi, sarebbero una contromisura voluta da Donald Trump per fermare le esportazioni cinesi e ridurre il traffico migratorio illegale verso gli USA, in ultima analisi, ci sarebbe l’affare della droga, considerato sempre più pericoloso per i cittadini americani.
Canada e Cina, sarebbero le altre nazioni colpite dai dazi di importazione, e che avrebbero risposto in egual maniera alla politica aggressiva di Donald Trump considerato dal premier canadese Trudeau un bullo.
Stesso identico trattamento ai vicini canadesi, con la firma dell’esecutivo che riguarda anche i prodotti di importazione provenienti dal Canada, responsabile secondo la Casa Bianca, di non aver fermato l’ingresso del potente fentanyl, la droga che uccide migliaia di giovani negli Stati Uniti. Una misura che tasserà i prodotti canadesi del 25% e una danno all’economia canadese che si aggira intorno ai due miliardi di dollari. La politica protezionista attuata dal presidente Trump, dovrebbe in qualche modo incoraggiare il made in USA e sulla lente di ingrandimento ci sarebbero prodotti come vino, birra, ma anche acciaio e nichel ed in particolare, quella ad avere pesanti tassazioni sarebbe la Cina che con i suoi trilioni di proventi, rappresenta sempre quella minaccia geopolitica da tenere a freno. Il Canada comunque, ha reagito con le stesse contromisure economiche, applicate da Trump, l’indotto energetico canadese, dovrà pensare a nuove strategie commerciali, viste le intenzioni dei vicini di casa e Ottawa dovrà confrontarsi con le tassazioni del 25%, su materie prime come nichel, acciaio e petrolio, che ben presto saranno sottoposte alla diversificazioni di esportazioni con un occhio di riguardo nell’area dell’Unione Europea. Il governo Trudeau raccoglie il guanto di sfida e si prepara a nuove strategie di politiche commerciali internazionali, a cominciare dalla transizione energetica, finendo sul modello globale della crescita sostenibile e inclusiva.
Per Washington, la cosa più facile è stata quella di imporre alla Colombia i dazi, ma quel 10% alla Cina, accende ancora di più quella rivalità tra il gigante economico orientale e Washington.
Nell’ultimo quinquennio i cinesi, nell’era post-covid hanno già sperimentato sulla propria economia, sulla gestione delle proprie esportazioni l’incubo dei dazi doganali, già applicato da Trump. Anche in questo caso le accuse contro i Coolies di Pechino, artefici dello stakanovismo del sud est asiatico, sarebbero sempre le stesse: esportazione selvaggia, traffico di droga, e quest’ultima ha fatto innervosire le diplomazie cinesi in merito alla guerra contro il traffico di droga. La Cina adotta metodi brutali, contro i trafficanti di droga, ma il rovescio della medaglia, riguarda l’operato delle Triadi cinesi all’estero, quelle organizzazioni criminali che gestiscono i traffici migratori e e quelli relativi all’introduzione di sostanze stupefacenti nei paesi stranieri, parallelamente a questo, i cinesi riescono a penetrare in molti paesi del globo, con un’economia a basso costo, triplicando il volume delle esportazioni e aumentando i profitti i termini economici. Un fenomeno che ha avuto ampio risalto, nelle economie globali arrivate ad un quarto di secolo. Il protezionismo arriva in un momento delicato nella fase delle economie globali e sulle dinamiche riguardanti l’ultimo vertice del G7: Transizione energetica, riscaldamento globale e flussi migratori non controllati e di natura illegale. Su quale modalità, in America, potrebbe indirizzarsi la macchina dell’assistenzialismo? Chiaro fin qui, che l’erezione dei muri del protezionismo, basati sui dazi di importazione, potrebbero avere effetti collaterali sulle economie dei paesi coinvolti, a cominciare dall’area UE, più volte additata da Trump come quella mini Cina, sempre più propensa ad intensificare le vie della seta con Pechino. La guerra dei dazi, avrà ulteriori risvolti, ma sicuramente non positivi.