Draghi: Europa e integrazione a rischio
Alla cerimonia per il premio ISPI 2024, l’ex presidente della BCE, ed ex premier al governo italiano, nutre ancora dubbi sull’integrazione in Europa e critica il sovranismo.
L’Europa franco tedesca si è indebolita, la leadership all’interno degli stati membri è avvolta da una spirale di lotte intestine, insomma, in un discorso anti-sovranista, l’ex presidente della BCE, ricorda la famosa frase pronunciata nel 2012:” Whatever it takes”.
Nel lontano 2012, la crisi della BCE, portò un vero e proprio disastro al debito sovrano europeo, con l’euro in calo e lo spread che si allargava paurosamente, compromettendo la leadership europea. Quella storica frase, fu salvifica, ma solo in parte, in quanto, a distanza di tredici anni, non ha portato alcun beneficio ai paesi membri, ed inoltre, ha costretto il principale istituto bancario europeo a iniziare una massiccia operazione di salvataggio delle economie deficitarie, nella fase post-covid.
In quel contesto Mario Draghi, ricorda ancora l’importanza di perseguire la strada dell’integrazione, con molti dubbi a cominciare da una leadership, secondo il suo parere, che deve abbracciare una più ampia piattaforma decisionale, in sede collegiale, con un approccio più riformista che sia in grado di abbracciare e trascinare sempre più elettori. I numeri, non danno i giusti risultati, se pensiamo al quasi default del colosso automobilistico Volkswagen e all’empasse che, in questo momento, sta coinvolgendo un’altra realtà del mercato automobilistico, come Stellantis, alle prese con la scarsa liquidità e con il conseguenziale taglio delle risorse umane. Affari che riguardano in primo luogo l’Italia e il braccio di ferro con le organizzazioni sindacali ed in secondo luogo la Germania, alle prese con una crisi politica ed economica senza precedenti.
Integrazione e riforme, sarebbero le ricette che dovrebbero portare l’Europa lontano dalla minaccia sovranista? A quanto pare, Mario Draghi non ha dubbi, sull’europeismo, guardando l’altra faccia della medaglia, l’UE, non ha avuto, almeno per l’attuale classe politica italiana, i risultati sperati.
Il discorso sulla leadership, accende ancora una volta la vena critica di Mario Draghi, con un pensiero alla politica nazionale italiana. Il concetto delle riforme deve essere il motore trainante per gli elettori.
“Il mandato di un non eletto è circoscritto, ma quello di un eletto è molto più importante e può abbracciare un ampio ventaglio di riforme. La legittimazione dei cittadini è importante per fare le riforme, in quanto da forza allo scopo del mandato”, spiega Draghi, tracciando in brevi parole, come dovrebbe essere l’Europa del futuro. Decisamente non sovranista, ma orientata al mandato storico della sua nascita nel 1950, quando con Robert Schuman si avviarono i primi passi dei processi di incubazione politica ed economica, fra i vari paesi occidentali, fino ad arrivare al 1957, con la nascita della CEE.
Non ci sono dubbi, sul fatto che la CEE , sia stato il primo processo pilota verso la formazione dell’Unione Europea, così come, non ci sono dubbi sul fatto che l’introduzione dell’euro, dettata dall’espansione delle economie sui mercati globali, abbia portato pochi benefici alla nostra economia nazionale e a quella degli altri stati. Gli stati pilota,come Francia e Germania, che hanno cavalcato l’onda della moneta europea, hanno tenuto l’onda d’urto del default del colosso bancario Lehman e Brothers, ma non hanno considerato che Lehman Brothers e la sua implosione, hanno causato la nascita delle politiche sovraniste, per converso, la netta sensazione sarebbe quella di superare la crisi, pensando ad un’ Europa formata da Stati nazione confederati, proprio nella linea di un discorso, pronunciato in una sessione plenaria del Parlamento Europeo nel 2012, da Josè Manuel Durao Barroso, Presidente della Commissione Europea ed esponente di spicco dell’area social democratica riformista portoghese.
Il nazionalismo, o forse sarebbe meglio dire a scanso di equivoci, il sovranismo, quale indirizzo potrebbero dare all’Europa del futuro? In chiave prospettica, l’indebolimento dell’asse franco-tedesco, potrebbe lasciare spazio all’Italia guidata dalla premier Giorgia Meloni, e sul piano economico, verrebbe da pensare a quel famoso motto: A nessuno secondi. Ciò non potrebbe bastare, anche se il nostro tessuto produttivo è affibbiato alla nostra secolare etichetta del “bel paese”.
Italia favoritissima nel panorama internazionale a riempire gli spazi di potere, lasciati vuoti dall’asse franco-tedesco. Contrariamente a quello che ha affermato Draghi, sull’insostituibilità di Francia e Germania, il nostro bel paese, vanta un tessuto economico non indifferente. Forse, l’ex presidente del consiglio dei ministri e della BCE, si riferiva alla nostra classe politica, che allo stato attuale e seppur con qualche disaccordo (Forza Italia e Lega), a bocca della Premier Meloni, risulta coesa e pronta ad affrontare le sfide nel panorama internazionale.
Lontano dai sovranismi e dall’integrazione, i dialoghi intrapresi per la pace e per la cooperazione in termini di interscambio commerciale, politico e culturale con i paesi dell’area asiatica e dell’est europeo, potrebbero migliorare ulteriormente, seppur regolamentati in chiave prettamente economica, le economie e i sistemi di convivenza socio-politica ed etnico-culturale. Purtroppo, Atlantismo e Sovranismo, offuscano l’integrazione, in nome di una politica che sta per orientarsi verso le logiche dei dazi di importazione, un modo per difendersi dal potente volano produttivo cinese e per frenare l’espansione dei mercati globali.
Come sarà l’Europa del futuro?