Interviste & Opinioni, Politica internazionale

Fuoco e sangue

Editoriale di Daniela Piesco Co-direttore Radici 

Dal fuoco e dal sangue era nato qualcosa di nuovo, una creatura deforme e molto, molto più spaventosa del mostro di Frankenstein. Così, com’era solito dire il filosofo Radomir Konstantinović, cominciò la nostra convivenza con il mostro, che continua ancora oggi: il mostro del nazionalismo, infatti, è ancora vivo e vegeto. Si è semplicemente ritirato nella sua grotta per leccarsi le ferite dopo le numerose battaglie perse, in attesa dell’occasione giusta per una nuova strage.

Odio, sciovinismo, violenza, crimini, campi di concentramento, genocidi, povertà, disgregazione sociale, criminalità, omologazione nazionale, riabilitazione dei Cetnici ,ossia i paramilitari serbi, gruppi di milizie volontarie, bellicismo, bombardamenti, isolamento, sanzioni, teorie complottiste, negazione dei crimini, glorificazione di assassini di massa: ecco il contesto in cui ci troviamo .

Perché Putin è arrivato a minacciare l’uso di armi nucleari? E’ un bluff o un rischio concreto? Cosa sta succedendo sul campo di battaglia in Ucraina? Quanto è profonda la sconfitta militare dell’esercito della Federazione Russa? Dopo 7 mesi di guerra siamo sull’orlo del baratro, cosa possiamo fare per fermare questa pericolosissima escalation?

Perché la Serbia, la nazione nel cuore dell’Europa ha mantenuto e anzi rafforzato uno stretto legame politico ed economico con la Russia?In pochi mesi ha accolto decine di aziende e migliaia di lavoratori e di cittadini russi, diventando il punto debole nella strategia europea delle sanzioni.

La ricerca di una spiegazione razionale forse non esiste

Negli ultimi anni della sua vita, Srđa Popović scrisse: “Solo dopo aver vissuto ci rendiamo conto di che cosa abbiamo vissuto.” Io stessa non sono immune a questo saggio aforisma, con una piccola variazione: solo una volta diventato adulto, un uomo prova a comprendere ciò che ha vissuto da bambino.

Dopo aver letto centinaia di pagine, testi ed analisi su ciò che ci è successo, e dozzine di libri intelligenti, ben strutturati e capaci di spiegare quasi tutto, ho ancora la sensazione che nulla sia stato chiarito.

Sono ancora tormentata dall’incomprensibilità di quegli orrori, un’incomprensione nella quale abbiamo continuato, tutti, a vivere nei decenni successivi.

A sette mesi dall’inizio della guerra, quasi un italiano su due non prende le parti né della Russia né dell’Ucraina: il sostegno a Kyiv rimane sotto il 50%, allo stesso livello di quanti assumono posizioni «equidistanti». Si riduce a 5 punti il divario tra favorevoli e contrari alle sanzioni imposte alla Russia e, inoltre, meno di un rispondente su cinque ritiene che le sanzioni applicate riescano effettivamente a indebolire la Russia.

Focalizzandoci sulla Serbia, basta dire che il governo di Belgrado è, ad oggi, l’unico paese Europeo assieme alla Bielorussia a non aver seguito la comunità internazionale nell’applicazione delle sanzioni alla Russia

La cosa assume notevole rilevanza in un momento storico come quello attuale i cui sviluppi hanno portato persino la Svizzera ad abbandonare la propria neutralità in nome della ferma condanna all’invasione Russa dell’Ucraina.

Il rieletto Presidente Serbo Aleksander Vučić ha sì condannato l’azione di Mosca appellandosi in maniera generica alla necessità della tutela dell’integrità territoriale di ogni paese, aggiungendo però, senza mezzi termini, che la Serbia “ha suoi interessi vitali e i suoi amici tradizionali”, motivando in questo modo la scelta di non aderire all’impianto sanzionatori ai danni della Russia.

La posizione della Serbia è netta: è infatti quella di volere, allo stesso tempo, i soldi di Bruxelles e le armi e il gas di Mosca.

Senza dimenticare che mentre il Kosovo partecipava nel 2021 alla più grande esercitazione NATO, la Defender Europe, la Serbia invece seguiva Russia e Bielorussia nel cosiddetto “scudo slavo”.

Oltre alla preoccupante ambiguità Serba, non vanno ignorati i rischi di una crisi economica nella regione Balcanica, essendo i paesi dell’area profondamente legati alla Russia in quanto ad export, che costituisce più del 2% del loro PIL nazionale e, naturalmente, in relazione alla fornitura di gas.

Altro fattore di preoccupazione è la giù citata presenza bancaria russa nei Balcani tramite la Sberbank.

La situazione è in continua evoluzione e merita un’attenzione particolare: i Balcani, purtroppo, potrebbero diventare nuovamente la polveriera d’Europa sulla scia di dei drammatici avvenimenti che stiamo osservando in Ucraina.

Daniela Piesco Co-direttore Radici

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Stampa Parlamento 

pH Fernando Oliva https://www.facebook.com/fernando.oliva.1029

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