Politica internazionale

Yemen 2022: intervista esclusiva alla giornalista Laura Silvia Battaglia

Ho incontrato Laura Silvia Battaglia[i] a Celle Ligure, essendo stato invitato dal locale Circolo Granma dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba, lo scorso 25 luglio, alla presentazione della sua ultima fatica letteraria “L’altra faccia dell’11 settembre”, un libro dà la parola soprattutto ad arabi ex detenuti a Guantanamo o loro familiari, ma anche ad avvocati e attivisti statunitensi, contrari alla linea degli Usa nella lotta al terrorismo islamista durante l’ultimo ventennio.

Reporter, fotografe e filmmaker: oggi il giornalismo dalle terre di frontiera è un settore dove le donne primeggiano per capacità, empatia e motivazione.

Economicamente lo Yemen è tra i Paesi più poveri del mondo, con condizioni di sottosviluppo diffuso e dipendenza pressoché totale da aiuti esterni, nonostante indubbi progressi siano stati fatti dal 1990, anno della riunificazione.

Testimone per lunghi periodi di questa realtà, da punto di osservazione non affetto dai riflettori del mainstream occidentale, Maria Laura può fornirci un diverso parere su alcuni fenomeni che segnano il Paese nella contraddittoria geopolitica dei nostri giorni.

 

  1. D: La guerra in Ucraina ha fatto deragliare i piani energetici di molti paesi nel mondo. In questo quadro di repentini cambiamenti, lo Yemen può assumere un ruolo decisivo?

R: Lo Yemen è produttore di petrolio e gas dagli anni Ottanta. Serve il mercato locale e il mercato cinese. La produzione è sempre statalizzata con piccole concessioni a colossi esterni come la britannica Shell e la francese Total. La maggior parte dei siti si trovano in aree con problemi di sicurezza (Hadramut, Mukalla) per la presenza di gruppi qaedisti o tribali avversi al governo. L’area più ricca di risorse energetiche resta quella del governatorato del Marib, a Sud della capitale Sanaa, dove oggi si gioca la partita economica della guerra: chi si assicura queste riserve e quest’area, l’avrà vinta.

  1. D: Allo stesso tempo il conflitto russo-ucraino ha comportato un blocco delle esportazioni di cereali da quei paesi, forse solo con i recenti accordi in via di soluzioni. Come tanta parte dei paesi extraeuropei, anche lo Yemen rischi una crisi alimentare?

R: Lo Yemen importa, già da prima della guerra, il 90% del cibo che consuma e quasi il 100% delle farine e dei cereali. L’impatto della guerra in Ucraina sul Paese più povero del Medio Oriente, in guerra e con un tasso di malnutrizione, soprattutto infantile, altissimo, rischia di essere devastante.

  1. D: La penisola araba, è una vasta regione composta da diversi Stati, tra i quali l’Arabia Saudita è certamente il più conosciuto ed esteso. Essa esercita effettivamente un ruolo egemonico sull’area?

R: Il Regno Saudita, nei confronti del resto dei Paesi della Lega Araba, ha la stessa influenza culturale e politica che gli Stati Uniti avevano verso i Paesi dell’Europa occidentale negli anni Cinquanta. L’Arabia Saudita, con l’estrema ricchezza concessa ai suoi cittadini, offre il miraggio di uno status symbol che tutti, da quelle parti, sognano e vogliono raggiungere. L’effetto è il sogno migratorio verso l’Arabia Saudita da parte dei vicini dell’area – e gli yemeniti non ne sono esenti -; la conseguenza è la capacità dei Saud di barattare con la forza economica l’influenza politica sui vicini, che, inevitabilmente, è legata anche ai modelli di Islam che la dinastia propone.

  1. D: Sin dal secolo scorso, i Paesi del Golfo sono stati al centro di forti interessi americani. Sta recentemente cambiando qualcosa?

R: Gli Stati Uniti continuano ad avere una attenzione strategica sul Golfo Persico. Hanno però rinunciato a un controllo diretto e hanno eletto a loro guardiani e partner di elezione Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti in funzione sia filoisraeliana che anti-iraniana.

  1. D: E intanto la Russia resta a guardare?

R: La Russia guarda all’area del Golfo con interesse strategico rispetto sia agli Stati dell’Asia centrale, che sono ex repubbliche sovietiche, sia ai Paesi del Corno d’Africa. I suoi rapporti con lo Yemen sono lontani e abbastanza solidi. Quando lo Yemen del Sud si liberò dal protettorato britannico, divenne un Paese comunista e questo rinsaldò i rapporti con la Russia, oggi ulteriormente cementati a Nord del Paese. Per anni, in Yemen, ad esempio, era possibile per i soldati, fare dei corsi di specializzazione nell’Armata Rossa, poi divenuta esercito russo.

  1. D: Come ho potuto riscontrare durante miei viaggi in Paesi vicini, quali UAE ed Oman, vi è una forte presenza di immigrati asiatici, specialmente pakistani o malesi, soprattutto dediti alle più umili occupazioni. Lo stesso avviene nello Yemen?

R: Il fenomeno migratorio in Yemen è imponente, soprattutto perché questo è l’unico Paese del Golfo ad avere firmato negli anni Cinquanta la Convenzione Internazionale per i rifugiati. Così è più un Paese di immigrazione che di emigrazione. I migranti che posso chiedere asilo e protezione sono soprattutto somali ed etiopi di etnia oromo, perseguitati in patria. Come accade per l’Italia, molti tra questi migranti però passano dallo Yemen per potere stabilirsi in Arabia Saudita e lavorare li. Ecco ancora il sogno economico che ritorna. Più spesso non riescono e restano in Yemen che comunque anche in guerra appare in migliori condizioni dei Paesi del Corno d’Africa, il che è tutto dire. Con il recente conflitto l’emigrazione dallo Yemen non è aumentata ma si è diretta più verso Egitto e Sudan, due dei pochissimi Paesi che concedono visti turistici e medici agli yemeniti. In Egitto gli yemeniti sono stimati essere circa 900mila, non tutti con uno status giuridico regolare. Sfruttati economicamente, molti decidono di tornare indietro. Altri – pochi – tentano le vie di terra verso la Libia o di mare verso Turchia e Grecia per arrivare in Europa.

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[i] Laura Silvia Battaglia al-Jalal. Catanese, classe 1974, giornalista e documentarista, attualmente, vive tra Milano e la capitale yemenita Sana, dove è nato e cresciuto suo marito Taha Al-Jalal, laureato in traduzione e interpretariato, prima di partecipare al talent show culinario “Masterchef” e quindi aprire una società di home cooking. Laura Silvia lavora come reporter in aree di crisi dal 2007 ed è conduttrice e autrice per Rai Radio 3. Specializzata in Medio Oriente, con particolare focus su Iraq e Yemen, ha lavorato come corrispondente da Sanaa (Yemen) per l’agenzia video-giornalistica americano-libanese Transterra Media, l’agenzia turca TRTWorld, il servizio pubblico svizzero (RSI), Index on Censorship, The Fair Observer, Guernica Magazine e The Week India. Per i media italiani collabora stabilmente con quotidiani, network radiofonici, televisione, periodici e siti web. Ha girato, autoprodotto e distribuito dieci documentari, tra i quali Yemen, nonostante la guerra, prodotto da Rai Doc, uno spaccato nella vita dei civili yemeniti in guerra. Ha vinto i premi Luchetta, Siani, Cutuli, Anello Debole e Giornalisti del Mediterraneo. Dal 2007 insegna in diverse istituzioni italiane ed europee, compreso l’Istituto Reuters all’Università di Oxford.

Ha scritto la raccolta “Per favore non ditelo ai poeti” (Ibiskos Ulivieri, 2005,) l’e-book “Lettere da Guantanamo”(Il Reportage, dicembre 2016), insieme a Paola Cannatella, il graphic novel “La sposa yemenita” (Becco Giallo, gennaio 2017), tradotto in quattro lingue e il volume “Lettere da Guantánamo. Dall’inferno al limbo, dove sono i detenuti del 9/11” (Castelvecchi, 2021).

 

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