Cultura

Premio letterario nazionale ‘Varingez’

L’attualità del messaggio del Beato Giacomo da Bitetto la si coglie soprattutto nell’esercizio che egli fece in vita delle virtù, specialmente quelle teologali.

L’esame della vita e delle virtù del Beato, la cui eroicità è riconosciuta da tutti, consegna esempi encomiabili di ardua e ininterrotta dedizione a Dio e al prossimo.

Il 29 dicembre 1700, Papa Clemente XI confermò il culto ab immemorabili del Beato Giacomo Illirico da Bitetto. Sono stati necessari, però, ben tre secoli per poter procedere all’accertamento canonico delle virtù cristiane e al riconoscimento di un miracolo ottenuto per sua intercessione.

Il premio letterario nazionale Varingez dal carattere semplice e divulgativo, ha la finalità di diffondere la conoscenza del Beato Giacomo, figura esemplare di santità quattrocentesca, la cui eco è ancora oggi diffusa e il cui culto è sempre crescente.

Siamo certi che il concorso letterario sarà una rinnovata occasione per ampliare con vivacità la conoscenza della vita e delle opere dell’amato frate, venuto dalla terra croata, il quale esercitò lodevolmente le virtù teologali e cardinali.

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 LA STORIA DEL BEATO GIACOMO 

Giacomo Varingez, il Beato da Bitetto, detto anche ‘Illirico’ da Illiria, l’antica provincia romana che includeva la sua terra d’origine, nacque a Zara nei primi del ‘400. Qui, nella chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, venne battezzato proprio col nome che ha conservato anche da frate. Suoi genitori, secondo la tradizione, furono Beatrice e Leonardo Varingez che lo educarono secondo principi cristiani.

Il passaggio di Giacomo in Puglia fu favorito dalla circostanza che alcuni mercanti del suo paese  avano domicilio da queste parti: una volta arrivato in Puglia a Bitetto conobbe la fraternità francescana del convento di san Francesco.

Attirato dall’ideale di Francesco, Giacomo vestì l’abito francescano proprio a Bitetto, intorno al 1437.  La presenza del frate laico nel convento bitettese può considerarsi certa sino al 1463, anno in cui, si sarebbe trasferito secondo la tradizione a Bari presso il convento francescano costruito in quegli anni.

Dopo il 1469, il beato Giacomo fu certamente a Cassano presso il convento di S.Maria degli Angeli al quale lo legano alcuni episodi tramandati dalla devozione popolare.

Dal 1480 sino agli inizi del 1483, il fra Giacomo tornò a Bitetto dove imperversava la peste.    Alla popolazione non fece mancare il suo conforto materiale e spirituale, prodigandosi nella preghiera, nella cura e nell’assistenza degli appestati. La memoria di tale tragica circostanza e della presenza del Beato tra gli appestati è rimasta indelebile nel vissuto storico della cittadina.

Tra il 1483 e il 1485, fra Giacomo ha dimorato nel convento di S. Maria dell’Isola di Conversano, come testimonia Agostino da Ponzone nel registrare la presenza del frate al castello ducale nella circostanza della malattia e miracolosa guarigione del piccolo Giovanni Battista Acquaviva.

Nei momenti liberi sempre si appartava in luoghi solitari nei quali vi era l’immagine di Maria con il Bambino: in ogni convento dove dimorò lasciò il ricordo di sé legato a cappelle o grotte dedicate a Maria. Così a Cassano S. Maria degli Angeli e a Conversano S. Maria dell’Isola.

Dal 1485 in poi ritorna definitivamente a Bitetto dove più che altrove la gente sperimentò i suoi carismi. Qui nacque e si consolidò la fama di potente intercessore presso Dio, che l’accompagnò sia in vita che dopo la morte.

Sulle orme di Francesco d’Assisi, egli seppe pervenire ad una perfetta sintesi tra vita contemplativa e servizio d’apostolato. Il suo sottomettersi ai lavori più umili come l’orto, la cucina o il questuare di porta in porta elargendo a tutti parole di conforto, furono qualità che lo fecero sentire fratello degli umili.

Le numerose grazie e miracoli raccolte dai suoi biografi sin dal tempo in cui era in vita, giustificano l’acclamazione spontanea del popolo che lo trasse fuori dal sepolcreto collocandolo sull’altare: ciò avvenne vent’anni dopo la sua morte quando in occasione della sepoltura di un altro frate il suo corpo fu rinvenuto incorrotto e ancora flessibile.

Il processo canonico fu avviato solo il 1629, poi sospeso e ripreso nel 1694 e finalmente, a conclusione dell’iter processuale, riconosciuti i carismi di Giacomo Varingez e la secolare devozione di Bitetto e dei paesi vicini, il 29 dicembre del 1700, Clemente XI lo dichiarò Beato.

Nel 1656, imperversò nuovamente la peste nel Regno di Napoli ma questa volta Bitetto rimase immune da essa ed il popolo attribuì il merito dello scampato pericolo al Beato Giacomo, ‘che quasi visibilmente parve tenere distesa la mano in aria per trattenere l’ira di Dio’, e lo elesse suo compatrono.

Nel 1619, come si tramanda, è Donna Felice di Sanseverino, duchessa di Gravina, a farsi aprire l’urna per baciare la mano del Beato e in tale circostanza ne staccò un dito con un morso al fine di procurarsi una reliquia personale ma, come efficacemente descritto dal Giannelli, dinanzi al “terribile temporale” che le impedì  di partire, confessò la sua colpa e restituì il frammento sottratto, per la conservazione del quale donò poi un piccolo reliquiario d’argento.

Dopo più di tre secoli dalla beatificazione e dopo 5 secoli di culto e devozione ininterrotti, nel 1986 l’evento storico della ricognizione medico canonica, alla presenza di una qualificata equipe di medici e professori universitari, fu l’occasione per riaprire il processo di canonizzazione.

Il 19 dicembre 2010 la Congregazione delle Cause dei Santi promulgò il decreto sulle virtù eroiche dell’umile fraticello.

I sontuosi festeggiamenti in onore del Beato,  con la reliquia del Dito che viene sempre portata in processione, rivelano un attaccamento ininterrotto e durevole nel tempo da parte di migliaia di fedeli.

Oggi siamo in attesa che la Chiesa riconosca i meriti di fra Giacomo e lo proponga alla venerazione universale

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